Riassunto: Webinar organizzato dalla Società Felsinea di Orchidofilia il 10 aprile 2021. Alessandro Valenza introduce un particolare insieme di specie precedentemente ascritte al genere Acronia. Descrive inoltre sia le specie presenti nella sua collezione e incontrate durante le sue esperienze in Sudamerica, sia fornisce note di coltivazione e racconta il suo lavoro di ibridazione di questo affascinante insieme di Pleurothallidinae.
Abstract: Webinar organized by the Società Felsinea di Orchidofilia on 10 April 2021. Alessandro Valenza introduces a distinctive group of species previously ascribed to the genus Acronia. He describes both the species in his collection and encountered during his experiences in South America, as well as providing cultivation notes and discussing his hybridization work of these fascinating Pleurothallidinae.
Potremmo iniziare dicendo che il genere Acronia non esiste più: per meglio dire, alla fine dell’Ottocento alcune delle orchidee che ora appartengono al genere Pleurothallis vennero descritte come Acronia, le quali successivamente sono state incluse nel genere Pleurothallis grazie all’enorme contributo del botanico statunitense Carlyle August Luer (1922-2019), che ha studiato e cambiato profondamente la conoscenza di questo genere. Ma allora perché usare questo nome? Alessandro Valenza ha voluto mantenere questa vecchia nomenclatura nel titolo del webinar perché molto suggestivo: gli richiama alla mente ricordi di greco, ἄχρονως, “àchronos”, che letteralmente significherebbe “senza tempo” (da achronos).
Il fascino di questo nome si addice a questo gruppo di piante che hanno moltissime differenze dalle altre orchidee e anche all’interno delle stesse Pleurothallidinae, principalmente per la tecnica di riproduzione.
ALESSANDRO VALENZA
All’età di 8 anni comincia a coltivare orchidee, grazie alla grande passione del padre per la natura, a 12 anni si aggiudica già premi in ambito fieristico e nel 2000 crea la piccola azienda di produzione di orchidee H2Orchids. Collabora con aziende produttrici di orchidee provenienti da tutto il mondo, partecipa ad alcune delle più prestigiose fiere asiatiche di orchidee, rappresentando anche l’Italia con installazioni di sua creazione.
Le Pleurothallis in generale
Le specie appartenenti al genere Pleurothallis sono davvero tantissime: attualmente ne sono state classificate oltre 1000, ma secondo molti studiosi, come il tassonomista Franco Pupulin, le specie ancora da classificare sono alcune migliaia e porteranno questo genere a diventare quello più numeroso della famiglia delle Orchidaceae.
Hanno un vastissimo areale di distribuzione, dalla Florida fino al Cile e in parte dell’Argentina. Si trovano a tutte le altitudini, in tutti i microclimi del loro areale: si sono sapute adattare molto bene a tutti gli ambienti. Questo grazie a una particolarità nell’impollinazione, dovuta a una caratteristica genetica: non possono autoimpollinarsi, eccetto rari casi.
L’habitat
La maggior parte delle specie appartenenti al genere Pleurothallis cresce tra gli 800 e i 3000 metri di altitudine e questo rende molte di queste specie non facili da coltivare, perché bisogna mantenere costantemente alta l’umidità e bassa la temperatura, sia di giorno sia di notte; non tutte però crescono ad alta quota. In generale sono orchidee epifite, ma circa il 20% delle specie è sia epifita sia litofita.
Nel loro habitat naturale la nebbia e le nuvole tutte le mattine coprono il cielo e quindi l’umidità è sempre molto alta, tant’è che i tronchi degli alberi sono ricoperti da muschi e licheni.
Le Acronia
Le Acronia si differenziano dalle altre Pleurothallidinae per la foglia a forma di cuore e per la struttura del fiore, che ha quasi sempre i sepali laterali fusi insieme (caratteristica per altro di altre Pleurothallidinae). Molto caratteristica è anche la forma della colonna e dello stigma: i pollinii si trovano nella parte centrale e questi si devono posare sulle parti laterali dello stigma per effettuare l’impollinazione. Con una struttura così esposta basta che passi una formica per prelevare il pollinio e spostarlo direttamente sullo stigma
Questa morfologia blocca l’autoimpollinazione, impendendo quindi lo sviluppo di colonie sempre più deboli a causa dell’impoverimento del patrimonio genetico. La struttura del fiore rende l’impollinazione molto facile, anche da parte degli umani, nonostante alcune Pleurothallis presentino fiori molto piccoli.
Capita frequentemente di trovare in coltivazione degli ibridi, perché spesso nei paesi di origine queste piante vengono raccolte e messe in coltivazioni private. Qui sono impollinate dagli insetti e, dato che in quelle zone ci sono i funghi simbionti, nascono un po’ ovunque e a volte può capitare che si sviluppino nel vaso di un’altra orchidea e solo quando fioriscono ci si accorge che si tratta di una pianta differente da quella scelta. Si tratta in questo caso di un ibrido artificiale, anche se l’impollinazione è avvenuta naturalmente, perché si è creata all’interno di un ambiente gestito da esseri umani. Per questo motivo negli ultimi anni ci sono molte nuove piante messe in commercio come nuove specie, che in realtà sono ibridi artificiali e non naturali, dato che i genitori in natura crescono in ambienti molto distanti tra di loro.
I fiori delle Acronia, tutti provvisti di un labello mobile, sono probabilmente impollinati da diversi insetti e soprattutto da vespe ma, secondo alcuni studiosi, anche dai colibrì; inoltre, lo stigma è caratterizzato dalla presenza di una sostanza vischiosa. Questo vale soprattutto per le Pleurothallis terricole, come la Pleurothallis marthae, che ha anche l’affascinante caratteristica di formare spesso grandi distese di piante nel sottobosco.
I fiori delle Acronia sono molto carnosi e cerosi e sotto al labello hanno sempre degli essudati zuccherini; la struttura e la texture del fiore sono molto affascinanti. Le capsule, contenenti i semi, hanno una forma molto particolare che le protegge dagli apparati masticatori di molti insetti.
Molti pensano che le Pleurothallis abbiano dei fiori di piccole dimensioni. In effetti molte specie hanno fiori piccoli, ma ce ne sono altre, soprattutto quelle appartenenti al gruppo delle Acronia, con fiori molto grandi rispetto al resto del genere. Le Acronia hanno quasi sempre un fiore singolo che esce dalla brattea e tendono a fiorire con il cambiamento delle ore di luce, ma non è una regola fissa.
Il gruppo delle Acronia si divide in due sottogruppi: quelle a fiore piccolo e quelle a fiore grande. Generalmente le specie a fiore più piccolo sono piante da serra intermedio-fredda, che necessitano di umidità sempre molto alta e temperature basse; sono generalmente difficili da coltivare alle nostre latitudini proprio per queste caratteristiche. Le specie di dimensioni maggiori e con fiori più grandi si adattano più facilmente a vari climi e sopravvivono con temperature da serra intermedia, ma sopportano anche temperature più alte purché sia presente sempre un’umidità ambientale molto elevata.
Le Acronia sviluppano ogni anno una o due nuove vegetazioni lungo la linea di crescita. Nel momento in cui il nuovo getto supera 1 cm di altezza, la pianta ha già consolidato la sua base e sviluppato altre gemme, già pronte per produrre una nuova vegetazione e quindi, se si perde quella in crescita, sicuramente la pianta ne farà una nuova subito dopo o, nel peggiore dei casi, l’anno successivo.
È un meccanismo che la pianta ha sviluppato per difendersi dagli insetti: in questo modo infatti, se una nuova vegetazione è mangiata o muore, la pianta ne ha una nuova pronta.
Una seconda caratteristica riguarda la foglia, in generale dalla forma di cuore, che ha una consistenza molto dura e rigida, molto forte, almeno da adulta; nel momento in cui la foglia si sviluppa è invece molto tenera e bisogna stare molto attenti a non danneggiarla.
Quando la foglia è ben matura diventa molto resistente agli sbalzi di calore, al secco, ma soprattutto agli insetti o agli altri esseri viventi che se ne cibano.
Un’altra caratteristica molto interessante delle Acronia riguarda la fioritura. Generalmente le orchidee hanno una sola fioritura all’anno o al massimo due, principalmente dalla nuova vegetazione, mentre le Pleurothallis rifioriscono più volte l’anno, anche sulle foglie vecchie, addirittura per 7-8 anni per alcune specie. Inoltre, le piante ben coltivate possono produrre fioriture multiple.
Infine le Acronia sono accomunate dalla dimensione del fiore, che varia a seconda della coltivazione, dell’età della pianta e dell’esposizione alla luce; anche la colorazione del fiore è molto variabile. Tendenzialmente più l’umidità è alta e più il fiore è grande, però dipende anche dalla stagione: in inverno fioriscono più copiosamente e fanno i fiori più grandi, con i colori più accentuati, mentre in estate hanno fiori più piccoli con colori più tenui.
Generalmente la fioritura può durare tutto l’anno, ma raggiunge il suo picco, anche con due fioriture consecutive, tra la prima metà di febbraio e la fine di aprile.
Alcune specie dell’ex gruppo Acronia
Ci sono davvero molte specie; qui ne tratteremo solo alcune, quelle che Alessandro Valenza sta cercando di riprodurre e di ibridare.
La Pleurothallis gargantua è la specie a fiore più grande; è una pianta da caldo e cresce molto facilmente se si ha una buona umidità, non ha grossi problemi anche con temperature elevate nei mesi estivi (per temperature elevate si intendono quelle superiori ai 28-30 °C). Superando queste temperature la pianta tende a soffrire, ma,
diversamente per esempio dalle Masdevallia, si riprende altrettanto rapidamente e questa è un’ottima caratteristica.
La Pleurothallis marthae è di origine colombiana, è una specie terricola che raggiunge grandi dimensioni, fino a un metro di altezza. Ha una fioritura che può raggiungere anche i 30 fiori a foglia, anche se raramente. Esistono varie colorazioni: una dal fiore quasi completamente rosso e la forma flava, dal fiore giallo, che ha dimensioni ancora più grandi.
La Costa Rica è un paese molto ricco di specie di questo genere, ma non esistono aziende che esportano orchidee da questo paese, quindi è molto difficile trovarne in commercio; solo molto raramente alcuni riescono ad avere i semi per procedere con la semina in vitro. La Pleurothallis navisepala è una delle poche specie della Costa Rica importate in Europa negli anni Ottanta. Durante la fioritura invernale raggiunge anche 14 fiori per ogni foglia. Molto bella – e rara – è anche la Pleurothallis neorinkei, soprattutto la forma viridiflora, forma non ancora registrata e riconosciuta come tassonomicamente valida.
Altra specie molto rare e molto belle sono la Pleurothallis nipterophylla forma flava, così come la forma xanthina, che non si è ancora riusciti a riprodurre artificialmente
La Pleurothallis nossax è originaria della Colombia e ha la particolarità di produrre i fiori rapportati alla dimensione della foglia: più cresce la foglia e più i fiori sono grandi. Rifiorisce anche 10-15 volte l’anno. Non è una pianta di facile coltivazione, ma è di taglia piccola e da serra calda.
La Pleurothallis platysepala ha una colorazione molto particolare e il fiore è praticamente trasparente, caratteristica che Alessandro vorrebbe mantenere nell’ibridazione.
La Pleurothallis ramiromedinae è stata scoperta recentemente; ha la particolarità di avere i sepali laterali non fusi, ma separati.
Inizialmente si pensava a una specie già conosciuta con una malformazione, ma altre piante sono fiorite nello stesso modo ed è stata descritta come nuova specie. La superficie dei sepali è ricoperta di tricomi; si è notato che le lumache prediligono mangiare le zone del fiore ricoperte dai tricomi e non toccano le parti dove questi sono assenti: molto probabilmente contengono qualche sostanza che ha la funzione di attirare gli insetti impollinatori.
La Pleurothallis teaguei è la specie più grande del gruppo Acronia.
Si trova anche in zone dell’Ecuador dove le temperature superano i 35 °C.
La Pleurothallis titan ha una struttura molto simile alle altre, ma, come nel caso delle Phalaenopsis, sviluppa molto facilmente i keiki al posto dei fiori; è quindi una pianta che si riproduce molto facilmente. Inoltre è una delle poche specie che si autoimpollina: proprio per questo è molto stabile nella forma, nella dimensione e nelle altre caratteristiche del fiore, soprattutto per quanto riguarda il colore. Si potrebbe avanzare l’ipotesi secondo la quale, a causa dell’indebolimento del patrimonio genetico dovuto all’autoimpollinazione e alla conseguente mancanza di varietà, questa pianta si sia adattata a generare i keiki.
La Pleurothallis canaligera fiorisce una volta sola all’anno con estrema abbondanza, ma i fiori sono molto piccoli.
La Pleurothallis forceps-cancri è un’altra specie che, come la Pleurothalli nossax, ha la caratteristica di fare i fiori tanto più grandi quanto più grande diventa la foglia.
La Pleurothallis cyanea è una specie colombiana molto bella, ma difficile da trovare. Fa molti fiori per stelo, fino a 20, con una struttura molto solida e cerosa. È considerata una pianta a lenta crescita, ma secondo Alessandro Valenza non è proprio così e non è difficile da coltivare. Fiorisce due volte l’anno e ha una sorta di bagliore azzurro sulle foglie se illuminata in una certa maniera, da questo deriva il nome cyanea. Ha una storia particolare e poco conosciuta e proprio per questa specie Alessandro Valenza si è appassionato alle Acronia. Dopo averla vista in foto, cominciò a cercarla, trovandola solo dal produttore americano Andy’s Orchids con grossissime problematiche di importazione. Quando iniziò a viaggiare, durante il suo primo viaggio in Colombia ebbe la fortuna di andare a Medellín a visitare Colombo Orquídeas di Juan Felipe Posada con cui parlò delle difficoltà nel reperire un esemplare di questa specie.
Tornato a casa, dopo qualche tempo, Alessandro ricevette la visita dello stesso Juan Felipe Posada che, venuto in Italia, gli portò in regalo una divisione della sua Pleurothallis cyanea. Alessandro provò un’emozione fortissima: cercava questa orchidea da tutta la vita.
Iniziò a coltivarla con qualche difficoltà iniziale, ma poi cominciò a crescere bene, tanto da tentare di impollinarla per riprodurla, senza però ottenere risultati. A questo punto, dopo svariati tentativi inutili, provò a utilizzarla nelle ibridazioni ed ebbe successo. Anni dopo Alessandro Valenza andò in Ecuador e scoprì che Ecuagenera aveva acquistato da Andy’s Orchids alcune piante di Pleurothallis cyanea. A furia di insistere riuscì a ottenere una divisione. Dopo alcuni mesi, tornato a casa, la pianta fiorì contemporaneamente con quella già in suo possesso. Provò a impollinarla, ma senza successo, anche se la pianta era sicuramente fertile, dato che non solo aveva accettato ma anche dato polline nelle ibridazioni. Alla fine, dopo una lunga ricerca, Alessandro scoprì che Juan Felipe Posada aveva venduto delle divisioni della sua pianta al produttore americano, che a sua volta le aveva vendute a Ecuagenera: quindi essenzialmente si trattava sempre della stessa pianta. Alessandro Valenza contattò allora un giardino botanico degli Stati Uniti che aveva nella collezione la Pleurothallis cyanea, anche per avere solo il polline; il viaggio era lungo ma non impossibile. Per sicurezza chiese da dove provenissero queste piante: anche queste provenivano da Andy’s Orchids e da Juan Felipe Posada e quindi sempre dalla pianta madre. Era pertanto inutile far arrivare del polline che non avrebbe permesso l’impollinazione, dato che si trattava sempre di divisioni dello stesso esemplare, riprodotto innumerevoli volte.
In un altro viaggio fatto in Colombia, Alessandro Valenza conobbe il proprietario di Orquídeas Katía che aveva ricevuto in regalo una Pleurothallis di grandi dimensioni proveniente da una vecchia collezione, la cui specie non era conosciuta, ma che somiglia alla Pleurothallis cyanea. Alessandro Valenza ne comprò una divisione, la portò a casa e la coltivò: le altre due piante continuavano a fiorire regolarmente, questa invece no. Due anni dopo, dopo una visita a Orquídeas del Valle trovò una pianta cartellinata come Pleurothallis calceolaris, ma che in realtà non sembrava esserlo. Alessandro Valenza riuscì a ottenere una divisione anche di questa pianta e la portò a casa, dove in realtà per diversi anni non ha fiorito. Le due ultime piante acquistate sono leggermente differenti da quelle di Juan Felipe Posada, ma nonostante abbiano faticato a fiorire, a inizio aprile erano tutte quante in bocciolo; se effettivamente sarà confermato che sono tutte Pleurothallis cyanea, Alessandro proverà a incrociarle per riprodurre questa specie.
Alessandro Valenza inoltre ha dei dubbi sulla descrizione della specie, dato che è indicata come una pianta a lenta crescita e da temperature fredde, visto che cresce a 2500 metri di altitudine. Per curiosità ha provato a coltivare una divisione a temperatura più alta e ha constatato che, in queste condizioni, non è una pianta lenta, ma veloce e accestisce molto bene. Quindi molto probabilmente anche la descrizione originaria non è corretta.
La Pleurothallis cyanea ha quindi una storia particolare: molto probabilmente ne esistono solamente 2-3 esemplari in tutto il mondo, da cui derivano tutte le divisioni; è molto bella e pertanto sarebbe un peccato non tentare di riprodurla e assicurarle così un futuro.
L’ibridazione
La Pleurothallis teaguei, la Pths. marthae, la Pths. gargantua, la Pths. cyanea e la Pths. calceolaris sono piante di grosse dimensioni che si adattano meglio alle alte temperature; per esempio, la Pths. teaguei cresce anche in zone dell’Ecuador dove le temperature superano i 35 °C. Invece le specie più piccole, spesso molto interessanti, sono più difficili da coltivare dato che vogliono temperature basse di giorno anche in estate.
Grazie all’ibridazione è possibile incrociare le varie specie per ottenere ibridi resistenti al caldo e più adattabili alle condizioni di coltivazione in casa o in serra alle nostre latitudini, con la possibilità oltretutto di ottenere fiori più grandi con piante di dimensioni più contenute. Un altro obiettivo è l’ottenimento di piante più resistenti alla bassa umidità ambientale e più rifiorenti e che abbiano foglie più interessanti. Le foglie delle Pleurothallis sono già molto belle naturalmente, ma alcune specie hanno foglie veramente strane e interessanti, come Pleurothallis dilemma, che però purtroppo non sembra passare questa caratteristica agli ibridi fino a oggi ottenuti.
Al momento esistono pochi ibridi registrati, circa una ventina, di cui alcuni creati parecchio tempo fa e che ormai non esistono più. Ecuagenera ha ricominciato a produrre dei nuovi ibridi, per esempio la Pleurothallis Bev Debrincat che ha come genitori la Pleurothallis teaguei e la Pleurothallis gargantua. È un ibrido con fiori molto grandi, ne porta 6-7 per stelo. Non solo le dimensioni, ma anche i colori sono stati ereditati dai genitori: ne esiste per esempio una selezione con i fiori quasi neri.
Un altro ibrido interessante realizzato da Ecuagenera è la Pleurothallis Ecuagenera Perfection (dilemma × teaguei): ha fiori molto belli, ma purtroppo non ha preso la forma della foglia della Pleurothallis dilemma. Si tratta di un ibrido riuscito molto bene perché è abbastanza semplice da coltivare, al contrario della Pleurothallis dilemma: è resistente, dal fiore grosso ma con foglia piccola, con fioritura multipla dalla foglia. Può essere una buona partenza per migliorare ulteriormente l’ibridazione. Questo ibrido ha un solo difetto: necessita di umidità molto elevata. Purtroppo tutti gli ibridi che hanno come genitore la Pleurothallis teaguei necessitano di umidità molto alta, altrimenti le piante tendono a rovinarsi.
Questi sono gli ibridi meglio riusciti di Ecuagenera; tra gli altri, va menzionato anche l’ibrido tra la Pleurothallis teaguei e Pleurothallis phymatodea, che ha preso purtroppo la dimensione dei fiori della di quest’ultima: i fiori sono belli, ma molto piccoli e appoggiati su una foglia molto grande, il che tende a farli sparire.
Gli ibridi di Alessandro Valenza
Alessandro ha cominciato a coltivare le Acronia una decina di anni fa e ha prodotto dei propri ibridi studiando le caratteristiche più interessanti di ogni singola specie. Grazie agli ibridi che erano già stati realizzati, studiando le foto delle fioriture, ha cercato di capire quali sono le caratteristiche che possono essere trasmesse nell’ibridazione; questo è stato il punto di partenza per scegliere Pleurothallis Bev Debrincat quali specie utilizzare.
In questi studi Alessandro Valenza ha notato che la Pleurothallis nipterophylla è difficile da coltivare, ha fiori molto piccoli ma ne produce tantissimi per foglia, ha una fioritura molto duratura e una foglia molto resistente. Cercando di creare un ibrido con un elevato numero di fiori, una prolungata fioritura e delle foglie molto interessanti, ha scelto di creare un ibrido con la Pleurothallis nipterophylla. Inizialmente ha provato a utilizzare varie specie come secondo genitore: il problema è che non sempre i semi prodotti da queste ibridazioni germinano. Il risultato finale è stato il primo ibrido registrato da Alessandro Valenza, la Pleurothallis Valenzino, ibrido tra la Pleurothallis nipterophylla e la Pleurothallis marthae.
La scelta della Pleurothallis marthae è motivata dal fatto che è stata la prima pianta di questo genere che aveva coltivato e la prima pianta che aveva importato dal Sud America più di vent’anni fa. Il risultato è stato ottimo: ha ottenuto una pianta fiorifera, dal fiore molto scuro che tende quasi al nero, con foglie molto resistenti e molto facile da coltivare. Fiorisce 2-3 volte l’anno, ma con una sola fioritura principale particolarmente abbondante. Alessandro ha notato, avendo separato accidentalmente una foglia compresa di ramicaule dal resto della pianta, che quest’ultimo ha la capacità di resistere in un vasetto con acqua anche per più di sei mesi e pertanto è una pianta molto interessante anche per questa inaspettata caratteristica.
Un secondo ibrido, più contenuto, è stato realizzato utilizzando la Pleurothallis nossax, che, come detto prima, ha la caratteristica di fare il fiore tanto più grande quanto più le foglie si ingrandiscono; ha anche la caratteristica di avere un fiore grande rispetto alla pianta, che è di piccole dimensioni, quindi può essere utilizzata per rimpicciolire le specie “giganti” del gruppo. È una pianta che produce molti semi e germina molto facilmente. Nonostante una specie molto differente dalle altre: accetta senza problemi l’ibridazione con le altre specie.
Inoltre Pleurothallis nossax dà molto vigore all’ibrido, proprio grazie alla differenza genetica rispetto alle altre. Ha dato origine a un ibrido nuovissimo, che è ancora in fase di registrazione, dal nome di Pleurothallis Gaia Ricci, (nossax × marthae f. flava). Al momento il gene della forma flava non si è ancora espresso, ma Alessandro Valenza spera che possa succedere nella successiva progenie. La cosa più interessante di questa pianta è la velocità di crescita, solo 18 mesi dalla beuta alla fioritura. Si spera che ibridando questa pianta con altre specie dalla crescita più lenta si possa dare origine a una serie di nuovi ibridi con alta velocità di crescita e con maggiore resistenza del fiore.
Ha un altro vantaggio molto importante, arriva a fiorire anche 20 volte l’anno con 4-5 fioriture consecutive. La Pleurothallis nossax rimpicciolisce la grandezza dell’ibrido, arrivando a dimezzare la dimensione della pianta con cui viene incrociata, in alcuni casi anche di più; pur producendo piante di piccole dimensioni, mantiene la caratteristica di fare i fiori di grandi dimensioni, sempre più grandi più diventa grande la foglia, particolarità eccezionale. Una caratteristica negativa trasmessa da Pleurothalis nossax è la fioritura breve, sensibile alla mancanza di umidità. Infine, la Pleurothallis nossax generalmente produce fiori singoli, ma, se coltivata in certe condizioni, può produrre fiori multipli: nell’ibridazione la multifloralità dell’altro genitore viene spesso trasmessa, perché è una caratteristica non del tutto estranea a questa specie.
La Pleurothallis Annamaria Botticelli (teaguei × nossax) è un ibrido dedicato a una giornalista scientifica italiana, che ha promosso molto la divulgazione delle Orchidaceae in Italia, tra cui anche la coltivazione in vitro. È un ibrido con fioriture molto ricche, arrivando fino a 18 fiori su una singola foglia.
La Pleurothallis A. Valenza (gargantua × cyanea) è un ibrido non ancora registrato, il cui nome ha origine dalla storia famigliare di Alessandro: la A è stata inserita perché nella sua famiglia tutti gli uomini hanno nomi che iniziano con questa vocale, quindi Alessandro ha dedicato questo ibrido a tutti gli uomini della sua famiglia. Il fiore è di colore rosso con i petali di color giallo vivo.
La Pleurothallis cyanea nell’ibridazione mantiene il numero di fiori, dà un marcato spessore al fiore che di conseguenza è meno sensibile all’umidità, trasmette il colore e l’apertura del fiore; generalmente infatti molti dei fiori delle Pleurothallis sono piegati, un po’ chiusi, un po’ storti, invece l’ibridazione con la Pleurothallis cyanea garantisce sempre una buona distensione del fiore. Si spera che incrociando la Pleurothallis Valenzino (nipterophylla × marthae) con la Pleurothallis cyanea si possa aumentare il numero e la dimensione dei fiori, la consistenza e la colorazione della foglia con riflessi azzurri, la velocità di crescita, la resistenza all’umidità, ottenendo un ibrido coltivabile da tutti, con una fioritura più frequente durante l’anno e più duratura.
L’ibrido tra la Pleurothallis gargantua e la Pleurothallis taegueii ha foglie davvero molto grandi. Le foglie di questo ibrido superano i 40 cm di lunghezza, con fiori grossi quasi come una mano.
Alessandro Valenza si è appassionato delle Acronia soprattutto per le foglie, davvero molto belle anche senza fioritura: ci sono Acronia con foglie dalle colorazioni particolari, dalle sfumature dell’azzurro a quelle di color rosso; con la selezione e l’ibridazione queste caratteristiche possono essere accentuate.
Il back cross tra la Pleurothallis Bev Debrincat (taeguei × gargantua) e la Pleurothallis marthae ha dato un risultato molto buono: due fiori di grandi dimensioni alla prima fioritura e foglie molto belle; alla seconda fioritura già 6 fiori sullo stesso stelo. Purtroppo è una pianta di notevoli dimensioni. Questo ibrido ha migliorato le caratteristiche dei genitori, aumentando lo spessore del fiore, rendendolo più resistente e perdendo la sensibilità all’umidità della Pleurothallis teaguei.
Un vantaggio enorme dell’ibridazione è la quantità di fiori prodotta, perché con l’alto numero di fiori si moltiplicano le possibilità dell’impollinazione, di conseguenza, aumenta la produzione di semi. La maturazione dei semi non supera i 4 mesi e le piante rifioriscono più volte durante l’anno, quindi è molto facile e veloce fare molti tentativi di ibridazione. Queste caratteristiche danno all’ibridazione un’interessante prospettiva per il futuro a patto di avere molto spazio e tempo. Una delle problematiche dell’ibridazione delle orchidee infatti sono i tempi lunghi di attesa e l’incertezza dei risultati finali. Un coltivatore americano ha detto che fare ibridi di orchidee è come fare una scultura con un fucile a pompa: non si sa mai cosa si può ottenere. Inoltre per avere dei risultati ci vogliono decine di anni. Nel caso delle Acronia, essendoci piante rapide nella crescita, il tempo impiegato può essere minore, ma in ogni caso occorrono sempre alcuni anni per raggiungere dei risultati.
Inoltre il mondo dell’ibridazione è ben più ampio: fino a ora abbiamo descritto solo l’ibridazione tra Acronia, ma si può provare a incrociare queste specie con altre Pleurothallis e altri generi.
Una delle tecniche utilizzate per la selezione di linee genetiche e nell’ibridazione in generale, ma soprattutto nel caso delle Phalaenopsis, dei Cymbidium, dei Dendrobium e di molti altri generi, è il trattamento per cambiare la ploidia delle piante per migliorare la qualità, la dimensione del fiore e altre caratteristiche.
Normalmente la cellula di una pianta di orchidea è diploide, cioè sono presenti due copie per ogni cromosoma. Utilizzando della colchicina o della orizalina nel momento in cui la cellula si divide si ottiene una cellula con 4 coppie di cromosomi che continua a riprodursi in questo modo, ottenendo così una pianta tetraploide.
Le orchidee tetraploidi hanno cellule più grandi e il raddoppio del corredo genetico porta come conseguenza una maggiore espressione genetica: le strutture sono più grandi, compresi i fiori. In queste piante troviamo caratteristiche sia positive sia negative: sono piante che per esempio sono più lente nella crescita e sono più predisposte ad alcune malattie, ma generalmente le orchidee tetraploidi hanno una struttura generale più ferma, più grande, più forte, più ampia e più aperta. In più si ha un’altra caratteristica: quando si incrocia una pianta tetraploide con una diploide si ha uno scambio del materiale genetico differente rispetto a quello che si otterrebbe incrociando due piante diploidi. Si hanno più possibilità di ottenere risultati alternativi in cui selezionare caratteristiche da trasmettere alla generazione successiva. Purtroppo non è una tecnica affatto semplice: attualmente sulle Acronia ha fatto qualche tentativo solamente l’azienda Ecuagenera. Non si tratta di un processo di ingegneria genetica, ma di una mutazione che può capitare casualmente anche in natura. Utilizzando le piante tetraploidi generalmente si ottengono più semi, a volte con una germinabilità più elevata e quindi un indice di riproduzione maggiore. Le orchidee tetraploidi, avendo una struttura più grande e quindi gli stomi fogliari più ampi, difficilmente possono essere reintrodotti in natura perché spesso sono più soggetti agli attacchi fungini e batterici. Reintrodurre in natura una pianta già più sensibile e non abituata a crescere nel suo ambiente naturale, vuol dire condannarla a morte certa. Questo però non è una regola: in alcuni casi le piante sono risultate più resistenti.
Le Acronia non sono difficili da coltivare, basta seguire alcune regole base.
Prima di tutto, le Acronia non amano il secco, soprattutto all’interno del vaso, devono sempre rimanere bagnate; se si asciuga completamente il terreno possono morire. Sono molto resistenti anche se messe in pieno sole: si possono bruciare completamente, ma se il piede rimane bagnato e vengono messe in un ambiente idoneo ricominciano a vegetare.
Durante il periodo di sviluppo la pianta necessita di umidità molto elevata, soprattutto quando la nuova vegetazione si sviluppa: se l’ambiente diventa secco mentre si sviluppa la nuova vegetazione, questa si ferma e smette di crescere, oppure cresce deforme; questo perché la foglia è protetta da una brattea, che in condizioni di scarsa umidità si salda e non si apre: di conseguenza la foglia fatica a uscire e talvolta non riesce proprio. Per fortuna, anche se si perde un nuovo getto, la pianta sviluppa le gemme dormienti presenti al piede se questo è sempre adeguatamente mantenuto umido e quindi ha la possibilità di ripartire. Uno dei trucchi per coltivare le Acronia in casa senza che si secchi la nuova vegetazione è quello di mettere la pianta molto al di sotto del livello del vaso, lasciando cioè 4-6 cm di vaso vuoto e sprofondando la pianta sul fondo; con questa tecnica sono molto adatti i vasi alti. In questo modo la prima parte dello sviluppo della foglia, quando questa deve uscire dalla brattea, avverrà al di sotto del bordo del vaso, dove è presente molta umidità. Un altro metodo è quello di mettere le piante in un vaso di vetro alto e grande, dove crescono molto bene. L’umidità ambientale infatti è sì fondamentale, ma con i metodi descritti è possibile coltivare le Acronia con una percentuale di umidità inferiore all’80%, addirittura al 60-70%. Si può capire facilmente se l’umidità ambientale non è sufficiente: se le nuove vegetazioni che spuntano seccano, oppure il fiore dura poco o non si apre bene bisogna aumentare l’umidità.
Le Acronia sono fra le poche orchidee che sopportano bene bagnature abbondanti. Alessandro Valenza ha provato a tenere delle Pleurothallis Valenzino immerse per 3 mesi in acqua fino a metà delle foglie: le piante sono cresciute senza problemi formando nuove foglie. Questo metodo è stato testato con tre ibridi e con tre specie differenti e ha funzionato sempre. Del resto in natura alcune specie, come la Pleurothallis marthae, passano 2-3 mesi allagate per l’esondazione dei fiumi e sopravvivono tranquillamente, anzi ne traggono giovamento. È una caratteristica davvero interessante per la coltivazione in casa: è un grosso vantaggio, soprattutto quando si abbandonano le piante per un certo lasso di tempo, per esempio durante le ferie; è sufficiente metterle in un contenitore con molta acqua sul fondo, cosicché non rimangano mai asciutte
Queste condizioni valgono per tutte le Pleurothallis del gruppo Acronia, ma non valgono per altre specie di Pleurothallis.
In secondo luogo, sono piante che non hanno problemi di luce: crescono sia con poca sia con molta luce e possono sopportare qualsiasi livello di luce, tranne il sole diretto. Ovviamente, come la maggior parte delle orchidee, non amano il pieno sole, ma riescono a crescere e fiorire in tutte le condizioni di luce, quindi sono piante coltivabili anche in ambienti bui. Inoltre, normalmente le zone ombrose sono le più umide. Non hanno bisogno di molta luce, ma se gliene si dà di più tendono a fare fioriture più abbondanti e anche più frequenti.
Essendo poco esigenti nella quantità di luce, si adattano molto bene anche alla coltivazione con luce artificiale, con semplici tubi LED non specifici a luce fredda (5500-7000 °K), dato che in natura sono piante da sottobosco. Ovviamente utilizzando una luce artificiale specifica si ottengono risultati migliori di coltivazione. Se si aumenta in modo eccessivo la quantità di luce artificiale la foglia tende ad assumere una colorazione rossastra. Non bisogna esagerare ad aumentare troppo la quantità della luce, altrimenti si potrebbero avere problemi nell’uscita dei fiori dalla brattea al centro della foglia, ottenendo dei fiori deformati
Generalmente le Acronia hanno bisogno di poco concime: da questo punto di vista sono piante economiche. Sono piante che possono essere coltivate semplicemente con acqua da osmosi o piovana utilizzando un buon substrato. Le concimazioni in ogni caso devono essere a basso dosaggio: sono piante sensibili ai sali che si accumulano solo se vengono lasciate asciugare, perché questi si concentrano e bruciano le radici; questa ragione è una delle ragioni per cui devono stare sempre bagnate.
Il substrato è molto importante: sono piante che si adattano quasi a ogni substrato. Possono essere coltivate anche epifite montate su zattera se si riesce a mantenerle costantemente bagnate.
Generalmente sono coltivate in vaso: in questo modo sono più semplici da gestire perché tendono a sviluppare le foglie in ogni direzione e, se educate su un bastone centrale, si dà loro una certa forma e migliore visibilità della foglia e della fioritura. Sono piante che amano i vasi grandi: per le specie di dimensioni più piccole si parte da vasi di 12 cm di diametro per arrivare anche a 40 cm per le specie più grandi. Inoltre, se non si usa un sistema di bagnatura goccia a goccia o il sistema di semi-idroponica, un vaso grande aiuta a mantenere maggiore umidità, rischiando meno che le piante si asciughino completamente. L’unico lato negativo della coltivazione delle Acronia è proprio la necessità di vasi grandi e la tendenza a diventare piante ingombranti e a volte disordinate.
Alessandro Valenza ha provato a coltivare le Acronia in vari substrati: in bark, in materiale completamente organico, in lana di roccia, in sfagno puro e in combinazioni di vari substrati; non ha notato molta differenza tra un substrato e l’altro: si adattano senza problemi, tranne alcune specie. Le specie prettamente epifite infatti, soprattutto quelle di piccole dimensioni, amano i substrati organici come il bark; non è però una regola fissa: si
tratta pur sempre di una questione di equilibrio tra umidità, luce e temperatura. Il substrato deve rimanere il più bagnato possibile e, al contrario delle altre orchidee, non bisogna preoccuparsi che sia ben drenante: in generale, per tutte le piante, più il substrato è drenante e più il vaso è sano e quindi meglio è; per le Acronia invece non è un grosso problema: sopportano bene anche substrati densi – ovviamente non possono essere piantate in torba o terriccio perché eccessivamente compatto e soffocanti. Sono quindi piante molto semplici per quanto riguarda i substrati.
Da alcuni anni Alessandro Valenza si è dedicato allo studio delle rocce giapponesi utilizzate in coltivazione, come l’akadama, ma a suo parere in Italia abbiamo un prodotto migliore, che racchiude quasi tutte le caratteristiche più interessanti di queste rocce: sono le zeoliti. Esistono centinaia di tipi di zeoliti; 2-3 varietà sono particolarmente interessanti e quella naturale più abbondante nel nostro paese probabilmente è la migliore: si tratta della cabasite, un prodotto che si trova facilmente a poco costo. Stiamo parlando di una zeolite in forma granulare, composta di cabasite almeno per il 50% (gli altri tipi di zeolite possono dare problemi per il rilascio di sodio). Il termine zeolite significa “pietra che bolle”: se si riscalda la zeolite secca, questa comincia a fumare perché adsorbe l’acqua e non la cede in condizioni normali; mantiene quindi stabile
l’umidità al suo interno senza lasciarla scappare. Si tratta di una pietra microporosa con un’alta superficie di scambio grazie alla sua struttura. Inoltre ha una capacità di scambio cationico molto elevato: tende quindi a mantenere il pH del substrato stabile e assorbe il concime quando ce n’è troppo e lo rilascia quando ce n’è troppo poco; questo è un enorme vantaggio. Se si utilizza un substrato inorganico o semi-inorganico e si usano dei protocolli di concimazione bassi la cabasite tende a stabilizzare il pH e a rilasciare concime. Quindi l’aggiunta della cabasite risolve molti problemi di coltivazione; inoltre contiene calcio e magnesio equilibrati tra di loro.
Un ottimo substrato quindi è composto da cabasite e lana di roccia in fibra o lana di roccia densa, non la più comune in cubetti per la coltivazione.
Malattie e parassiti
Le Acronia sono piante poco soggette a patologie e ai parassiti e questo è sicuramente un aspetto molto interessante.
La cocciniglia cotonosa è il parassita più comune, che però colpisce poco le foglie: il punto più sensibile è il centro della foglia da dove escono i fiori, soprattutto quando la brattea è secca. La cocciniglia cotonosa si annida in quel punto e provoca la nascita di fiori deformati. Al contrario delle altre piante, se è presente della cocciniglia cotonosa sulle foglie, è sufficiente un getto d’acqua per farla andare via, proprio perché ha difficoltà ad attaccarsi alla superficie delle foglie delle Acronia proprio per la loro consistenza.
Le Acronia hanno un’ottima resistenza anche alla cocciniglia a scudetto, nonché al ragnetto rosso.
I tripidi e gli afidi invece possono essere pericolosi durante lo sviluppo delle foglie e dei fiori, deformandoli, ma in particolare i secondi non riescono a fare molti danni e sono facili da debellare.
Le lumache sono invece un grosso problema soprattutto per i fiori, soprattutto la zona più rugosa del fiore, di cui mangiano solo la superficie. Altri insetti, come i bruchi delle farfalle, generalmente non attaccano queste orchidee.
Le infezioni fungine e batteriche si sviluppano se le Acronia sono tenute in condizioni non idonee: sono comuni se una pianta da freddo è coltivata al caldo.
Cosa piuttosto comune è invece l’ingiallimento di una buona parte delle foglie, soprattutto di quelle più vecchie, e la loro conseguente rapida caduta. Si tratta però per lo più di uno shock di coltivazione, che sia solo di temperatura, di concimazione o di ambiente e di una compresenza di questi fattori. La pianta assume questo comportamento per adattarsi alla nuova condizione, ma tendenzialmente si riprende completamente in breve tempo.