INTERVISTA di Francesca Castiglione
Da ORCHIS Numero 2 Anno 2024, pp.102-104
Come si è verificato il tuo primo incontro con le orchidee? Come ti sei appassionato?
Ho avuto tanti “primi incontri” con le orchidee, ma ricordo benissimo il primo: un Dendrobium ibrido che mi fu regalato nei primi anni Ottanta da colleghi portoghesi. Era veramente brutto, ma mi impegnai moltissimo per farlo sopravvivere o, meglio, prolungai di molto la sua sofferenza, fino alla marcescenza dell’ultimo pseudobulbo. Ai tempi, il lavoro mi allontanava da casa per molti mesi all’anno, pertanto non riuscivo a seguire con costanza la coltivazione. L’ovvia conseguenza era che i vari tentativi con Phalaenopsis regalate o comprate nei supermercati fallivano sempre miseramente, con grave danno al mio amor proprio. La svolta, però, avvenne durante una sosta nell’aeroporto di Singapore: in una libreria trovai il libro di Rebecca Tyson Northen Orchids as house plants e mi si aprì un mondo meraviglioso.
Quante piante hai?
Ad oggi sono circa un centinaio, ma questo è un valore che subisce continue fluttuazioni; infatti, dipende molto dalle mostre a cui partecipo, dagli amici che mi tentano con acquisti di gruppo, per non parlare delle offerte mensili di Orchids & More. Mi sono ripromessa però di non superare questo numero di orchidee, permettendo l’entrata di una nuova pianta solo quando un’altra esce; solo così riesco a seguire e a mantenere le piante curate nel migliore dei modi.
Quali piante costituiscono il cuore della tua collezione?
Ho iniziato la coltivazione con i Dendrobium, perché dovevo assolutamente rifarmi dello smacco subito, poi gradualmente ho aggiunto vari generi, soprattutto Vandacee. Non ho un genere preferito, mi piace spaziare e, devo essere sincera, quello che mi appassiona di più è la sfida, il cercare informazioni per ogni nuovo genere, chiedere consigli e cercare di ricreare l’ambiente più adatto ad esso. Ogni nuova pianta è un mondo a sé e mi intriga osservare come si sviluppa nel tempo e come si adatta alle condizioni ambientali che le offro. La ricerca e l’attesa del risultato sono la parte che preferisco della coltivazione; quando una pianta si adatta al mio ambiente e “fa tutto da sola” non mi diverte più.
Attualmente quale preferisci (genere, miniature, profumate, provenienza, ecc.)?
Sono diversi i
generi che mi appassionano in questo periodo: sto “lavorando” sulle Sophronitis
(ora sinonimo di Cattleya), che mi piacciono molto, ma non mi sento
ancora sicura nella loro coltivazione; cerco di migliorare la coltivazione in
sfagno di Neofinetia (Vanda falcata) e Dendrobium moniliforme (in
giapponese Chouseiran) ed infine mi sto innamorando, amore non ancora
corrisposto purtroppo, dei generi Laelia e Cattleya; loro sono la
nuova sfida!
Come coltivi? Casa, serra o orchidario?
Abito a Savona, quindi ho la fortuna di vivere in un territorio dal clima
abbastanza favorevole e che mi permette di coltivare all’aperto per molti mesi
all’anno; da marzo ad ottobre, quando le temperature minime sono stabili sui 14°C, tutte le piante vanno all’aperto, su un balcone esposto ad Ovest; in questi mesi le mie orchidee devono fare il pieno di luce e di fertilizzazioni, per
affrontare al meglio il difficile periodo invernale. Durante la stagione fredda, invece, rimangono all’esterno solo le piante che fanno il riposo fresco e asciutto; le proteggo dal vento e dalla pioggia con una copertura di policarbonato che ha uno spessore di 16 mm. Se le temperature minime scendono sotto i 5 °C riparo le Neofinetia e i Dendrobium coltivati in sfagno, solo per il tempo strettamente necessario, in una veranda non riscaldata ed esposta a Nord, cercando la posizione più luminosa possibile. Le orchidee che vogliono temperature superiori ai 18 °C invece, devono per forza stare in casa, appese o poggiate su una struttura verticale che posiziono di fronte ad una porta finestra. Integro la scarsa illuminazione naturale con delle lampade Sansi e con delle strisce led di Silamp; passo praticamente tutto l’inverno a misurare, a spostare e a modificare la posizione delle luci per ottenere la massima resa, ma non sono mai completamente soddisfatta.
Solitamente gli appassionati trovano soluzioni a volte geniali per risolvere i vari problemi di coltivazione casalinga, hai qualche idea da segnalare?
Nessuna idea geniale, mi sono costruita “su misura” la struttura verticale di cui scrivevo prima, assemblando delle barre normalmente usate per gli interni degli armadi; la trovo comoda perché la modifico a piacere e d’estate la posso smontare e riporre, senza occupare troppo posto; queste barre sono forate, quindi riesco ad agganciarvi facilmente lampade, ventilatori e piante. Ogni anno questa struttura aumenta un pochino in altezza e in larghezza e, sinceramente, mi rendo conto che la situazione mi sta un po’ sfuggendo di mano, il tutto, sta diventando leggermente instabile, credo che presto dovrò scegliere quali piante da caldo regalare!
Quali errori?
Tanti, tantissimi morti sulla coscienza, ma quale buon orchidofilo non ne ha? Chi è senza peccato scagli la prima zattera!
Il tuo sogno nel cassetto?
Vivere in una comunità di soli orchidofili, discutere di orchidee, di concimi e di tutto quello che concerne le nostre piante. Vietato lavorare, si mangiano solo panini per non perdere tempo in cose inutili, ma naturalmente se qualche cuoco si offrisse volontario…sarebbe molto piacevole!
La coltivazione e la passione per le orchidee ha influito sul rapporto con te stesso e con chi ti sta vicino? Se sì, in che modo?
Molti dicono che i compagni di vita di noi orchidofili trovino troppo coinvolgente il mondo delle orchidee perché i propri cari ne vengono completamente risucchiati. Dopo tanti anni, posso dire che mio marito si è rassegnato, imparando a sopportare oltre la moglie anche le orchidee. Personalmente, quello che amo del nostro hobby è la comune passione che azzera qualsiasi differenza di ceto, religione o politica. Quando mi trovo insieme ad altri coltivatori, ciò che conta veramente è quanta acqua dare durante l’inverno ad un Dendrobium o quanta luce può sopportare una Vanda senza bruciare le foglie, senza altre inutili sovrastrutture. Devo dire grazie alle orchidee perché mi hanno permesso di conoscere persone meravigliose, che nel tempo sono diventati amici veri. Purtroppo, forse per mia ingenuità, ho incontrato anche persone meno belle a cui avevo dato fiducia e nel cui progetto credevo; non nego che la delusione è stata cocente ed anche abbastanza difficile da elaborare, ma come nelle migliori favole, anche qui c’è il lieto fine: ho conosciuto ALAO ed è tornata la voglia di condividere e di rimettermi in gioco.
Peace&Orchids cari soci!!