SCHEDA SPECIE di Francesca Castiglione
su ORCHIS, NUMERO SPECIALE 2023, PP.62-65
Il Paphiopedilum insigne fu descritto per la prima volta da Wall. ex Lindley nel 1824 con il sinonimo di Cypripedium insigne, fu successivamente descritto come Paphiopedilum nel 1888 da Pftizer. Il suo nome deriva dal latino insigne, che significa “distintivo d’onore” in virtù del magnifico fiore.
GENERALITÀ
Il Paphiopedilum insigne fu descritto per la prima volta da Wall. ex Lindley nel 1824 con il sinonimo di Cypripedium insigne, fu successivamente descritto come Paphiopedilum nel 1888 da Pftizer. Il suo nome deriva dal latino insigne, che significa “distintivo d’onore” in virtù del magnifico fiore.
È un’orchidea simpodiale cespitosa, con 5-6 foglie persistenti e coriacee, alterne e distiche, ligulate e oblungo-lineari, lunghe fino a 32 cm e larghe 2,5-3 cm, con la lamina verde chiaro e la pagina inferiore maculata di viola alla base. Le foglie apicali sono minuziosamente bilobate.
Lo scapo è eretto, lungo fino a 30 cm, con brattea ellittica o oblungo-ellittica, ottusa, lunga fino a 5 cm, glabra, di color verde e macchiata di porpora alla base, ricoperto da una corta peluria rossastra, porta un singolo fiore o più raramente due. I fiori cerosi sono larghi da 7 a 12 cm e sono di colore variabile. Il sepalo dorsale, caratteristica principale di questa specie, tende ad essere eretto e rettangolare, con l’apice dorsale rivolto verso il davanti, a formare una sorta di piccola tenda sopra l’apertura della sacca. Il colore va dal beige miele al verde con abbondanti macchie scure in rilievo e una fascia bianca sul quarto apicale del sepalo Paphiopedilum insigne dorsale. Il labello e i petali sono di color verde maculati di marrone e lo staminodio può essere di color giallo brillante. I petali laterali tendono a essere stretti, lineari-oblunghi con margine ondulato, glabri, tenuti ad arco e rivolti in avanti. Il labello é a forma di elmo, saccato, lungo 4-5 cm e l’ovario, lungo 4-6 cm, é ricoperto da una densa e corta peluria rossa. I sepali laterali, fusi insieme (sinsepalo), sono di color giallo-verdastro con macchie brune. Fiorisce tra il tardo autunno e l’inverno.
HABITAT
Originario delle colline Khasi negli stati indiani dell’Assam, del Meghalaya e dell’adiacente regione di Sylhot in Bangladesh, e stato segnalato anche nella regione dello Yunnan, nella zona nord-occidentale della Cina. Cresce come erbacea terricola o litofita su strati di vegetazione in decomposizione e nei detriti nelle fessure all’ombra leggera, tra erbe e arbusti su declivi di affioramenti calcarei, ripidi pendii aperti di roccia calcarea dolomitica e nelle scogliere sopra a ruscelli, fiumi e cascate ad altitudini comprese tra i 1000 e i 2000 metri. Le radici solitamente affondano nel terreno o nel muschio. In queste zone il clima e monsonico, con calde estati umide e inverni freschi e asciutti. Il clima nel Meghalaya è subtropicale umido con estati calde; le temperature minime invernali sono di circa 8 °C e le massime di 16 °C, in estate ci sono minime di circa 18 °C e massime di 26 °C. Le precipitazioni sono abbondanti in estate e rare in inverno, con l’umidità dell’85% durante la stagione delle piogge e del 70% nella stagione invernale più secca.
TEMPERATURA
Il Paphiopedilum insigne tollera eccezionalmente temperature intorno a 0 °C, ma in inverno è meglio coltivarlo a una temperatura minima che va da 8 a 12 °C. Per coltivarlo al meglio, l’ideale è mantenere una differenza di circa 10 °C tra il giorno e la notte. L’abbassamento della temperatura in autunno stimola la fioritura.
LUCE
Il Paphiopedilum insigne necessita di ombra luminosa tutto l’anno, ma la luce non deve essere eccessiva in estate; l’ideale e l’ombra naturale al di sotto degli alberi. Non tollera i raggi diretti del sole.
UMIDITÀ
Per il Paphiopedilum insigne e sufficiente un’umidità ambientale del 60-80%, l’ideale é un’umidità più elevata nella stagione calda, circa dell’80%, mentre in inverno l’umidità può essere ridotta al 65%.
ACQUA
Le innaffiature devono essere frequenti e abbondanti durante l’estate, evitando i ristagni d’acqua, lasciando asciugare il substrato tra un’innaffiatura e l’altra, ma senza farlo seccare troppo. Se coltivato all’esterno, nelle giornate calde e ventose, si può innaffiare tutti i giorni. Non necessita di riposo, ma le innaffiature vanno diradate al ridursi delle temperature minime se viene coltivato a temperature più basse, ma senza far seccare troppo il substrato tra un’innaffiatura e l’altra. Attenzione a non lasciare dell’acqua nelle ascelle delle foglie, in quanto può causarne la marcescenza.
FERTILIZZAZIONI
Una concimazione classica per orchidee è più che sufficiente, con il metodo del poco ma sempre, utilizzando acqua da osmosi o piovana con aggiunta di un buon concime bilanciato con microelementi a 250-300 μS/cm, alternando qualche volta al mese con il Nitrato di Calcio e il Solfato di Magnesio. Come molti Paphiopedilum, è sensibile agli accumuli di sali minerali sulle radici, quindi ogni tanto si deve innaffiare abbondantemente con sola acqua da osmosi o piovana per dilavare il substrato.
VENTILAZIONE
Il Paphiopedilum insigne necessita di una buona ventilazione costante, l’aria stagnante con umidità elevata può causare l’insorgere di malattie.
MEDIUM E RINVASO
Il Paphiopedilum insigne si coltiva in vaso, come substrato può essere utilizzata una miscela di bark e torba, con l’aggiunta di un elemento calcareo (ad esempio il ghiaino di marmo di Carrara o le conchiglie frantumate), si può coltivare anche con il lapillo vulcanico con ghiaino di marmo di Carrara o in misto di inerti. Per evitare marciumi all’apparato radicale il substrato deve avere un buon drenaggio. Se si utilizza un substrato organico, nonostante sia una pianta robusta che tollera il mancato rinvaso, e meglio rinvasare ogni anno, in primavera, quando iniziano a crescere le nuove vegetazioni, per evitare che il substrato tenda ad acidificare a causa della decomposizione. Riesce a tollerare di essere diviso in singole vegetazioni, ma cresce molto meglio se mantenuto in gruppi di almeno cinque vegetazioni, ottenendo una fioritura migliore con più fiori aperti contemporaneamente dato che i fiori hanno una forma piuttosto sottile. Nel rinvaso, la base della pianta deve trovarsi a circa 2,5 cm sotto al bordo del vaso e 1,5 cm sotto alla superficie del substrato per proteggere le nuove vegetazioni.
CURIOSITÀ
Il Paphiopedilum insigne è una delle prime orchidee scoperte alla fine del 1700 e introdotta in Europa nel 1820. Nel XIX secolo era molto popolare tra i collezionisti e i coltivatori orchidofili europei e americani e pertanto l’eccessiva raccolta in natura e la contemporanea distruzione dei luoghi d’origine lo resero molto raro nel suo habitat. Le prime piante di Paphiopedilum insigne che venivano importate nel XIX secolo e agli inizi del XX secolo erano piuttosto variabili per dimensioni, forma e colore, oggi invece in coltivazione si trovano piante piuttosto uniformi. La gloria di questa orchidea è stata nell’era dei fiori da stelo reciso grazie alla sua bellezza, alla lunga durata del fiore e alla facile coltivazione.
Negli anni ‘70 e ‘80 veniva coltivata in Liguria in grandi serre non riscaldate dedicate esclusivamente a questa specie. Si ottenevano tre fioriture all’anno: la prima, più ridotta, per la festa dei Santi, la seconda, più abbondante, per Natale e l’ultima per la festa di San Valentino. Dopo la sua grande coltivazione da fiore reciso, con il crollo di questo mercato, il Paphiopedilum insigne è stato praticamente dimenticato, nonostante sia di facile coltivazione. E un Paphiopedilum ottimo per i principianti, alle prime armi con questo genere, ma raramente si trova in vendita. Nonostante tolleri una notevole negligenza e possa resistere diversi anni senza essere rinvasato, va trattato come tutti gli altri Paphiopedilum per dare il meglio di sé. Il Paphiopedilum insigne è una delle tre specie di Paphiopedilum più utilizzate nell’ibridazione fin da quando è stato messo in coltivazione, in quanto si tratta di una pianta robusta e di facile coltivazione, caratteristica fondamentale che trasmette alla sua progenie. Diversi cloni albini e parzialmente albini furono importanti donatori di geni e hanno fortemente contribuito alla creazione delle linee di colore bianche e nere degli ibridi moderni complessi di Paphiopedilum. Esistono varietà di Paphiopedilum insigne dalle foglie variegate ma dato che una buona parte delle foglie in questo caso sono senza clorofilla, le piante risultano meno robuste e di crescita più lenta rispetto alla forma tipo. Per mantenere le piante con questo particolare fogliame, se spuntano nuove vegetazioni di color verde vanno separate, perché con il tempo queste ultime diventano predominanti, dato che sono più robuste, causando così la perdita della variegatura nella pianta.